Respira con me: un libro che offre strategie di vita

 


Questo bellissimo libro di Raffaella Romagnolo, docente e scrittrice piemontese, intitolato Respira con me ed edito da Pelledoca, è riuscito a rendere produttiva una domenica piovosa di fine gennaio come non mi capitava da tempo. Proprio la fine di gennaio corrisponde ad un periodo molto intenso per noi docenti, visto che coincide con la fine del quadrimestre e le sempre tormentate pratiche di scrutinio. Tormentate perché la burocratizzazione delle pratiche scolastiche è diventata sempre più pressante, certo, ma tormentate soprattutto perché, in caso di valutazioni che attestano obiettivi formativi non raggiunti, la sensazione è sempre quella di non aver fatto abbastanza, di non aver messo in atto tutte le strategie didattiche utili ad un conseguimento dei risultati, se non idoneo, almeno dignitoso.
Perché, quindi, questo libro mi è risultato utile proprio in questo tormentato periodo? Perché mi ha suggerito interventi individuali di supporto ad alunni che, esternamente, manifestano atteggiamenti simili a quelli tenuti nella da Amedeo, il protagonista di questa storia.
Giusto due parole per presentare la trama: Amedeo ha perso la madre in un incidente stradale e, a distanza di un anno, il padre, rimasto da solo ad accudire lui e suo fratello più piccolo, gli propone, anzi, lo obbliga a trascorrere un paio di giorni con lui in montagna per provare a comprendere insieme le ragioni che possono aver spinto il ragazzo ad abbandonare la scuola e a tentare di condividere esperienze che possano, forse, far accettare ad entrambi ciò che di terribile è loro accaduto. I momenti di condivisione sono a tratti teneri, a tratti durissimi, fino al momento in cui sopraggiunge un evento inaspettato che manifesta all'improvviso quanto la matura possa dimostrarsi spietata e quanto l'essere umano debba dimostrare tutta la resistenza di cui è capace per provare a superare le sue paure e la sua connaturata condizione di finitezza.
La copertina del libro, anzi la sovracopertina a cui - come sempre - Pelledoca dimostra di dedicare particolare attenzione, rende magistralmente l'idea del dramma che si compie tra le montagne grazie al tratto accurato e suggestivo della illustratrice Paola Formica.


Il libro comincia sottolineando il rapporto conflittuale tra Amedeo e suo padre, denominato "l'ingegnere" nel corso della storia, e qui inserisco direttamente le parole dell'incipit, così da rendere palese quanto la scrittura di Raffaella Romagnolo sia scorrevole ed avvincente fin da inizio lettura:

"Amedeo non ha dubbi: l'ingegnere Giandomenico Ghisleri, suo padre, è un bastardo. Non potrebbe semplicemente proibirgli la PlayStation? Due settimane senza, un genitore normale farebbe così. Ma di normale, in casa Ghisleri, non c'è più nulla"

Il libro è poco voluminoso (133 pagine totali) ma decisamente intenso, e numerosi sono stati i momenti che, nel corso della lettura, mi hanno suggerito interessanti spunti di riflessione, così interessanti da decidere di adattarli e, di conseguenza, provare ad applicarli "in situazione", ossia in contesti di vissuto che, a mio avviso, possono considerarsi metaforicamente simili.
Una scena che mi ha colpito riguarda quella in cui "l'ingegnere" aiuta Amedeo a superare il terrore del vuoto, dovuto alle vertigini, attraverso gesti fermi ma al contempo amorevoli in grado di fornire al figlio tutta la capacità di resistere e di mettere in campo le risorse interne di cui aveva assoluto bisogno per superare quel pericoloso momento di panico.
Qui parte della scena:

"'Aspettami, Ame'
Si obbliga a non guardare il vuoto azzurro e grigio sotto di lui. [...] Intorno i gracchi urlano. Un brivido parte dal fondo della spina dorsale e lo scuote fino all'attaccatura dei capelli. [...]
'Ascoltami Ame. Ruota su te stesso fino ad afferrare il cavo che hai all'altezza del petto con tutte e due le mani.'
Cuore a tamburo, aria che manca.
'Mi senti, Ame? Devi voltarti con la faccia alla parete e stringere il cavo con le mani. Tieniti forte, non t'impressionare se dondola un po' perché è normale.'
Il ragazzo respira sempre più forte.
'Faccia.Alla.Parete. Ruota i piedi, forza.'
I gracchi sfrecciano velocissimi. Il vuoto, sotto, intorno, si gonfia come un lenzuolo teso dal vento.
'Non ce la faccio' dice Amedeo, così piano che, nello sconquasso del momento, neanche lui lo sente.
Avverte la presenza del padre alle spalle. Il ragazzo è certo che, sul minuscolo terrazzino metallico dove ha appoggiato i piedi, l'ingombro di un'altra persona possa farli precipitare entrambi.
'Tranquillo, Ame.'
C'è una dolcezza nella voce che gli pare di riconoscere. Una cosa lontana, di bambino, di capitomboli con la prima bicicletta e ginocchia sbucciate.
'Ascoltami. Ruota lentamente il busto verso destra.'
Una calma sedativa, una carezza di parole. Poi anche una leggera pressione, e il ragazzo capisce che suo padre ha appoggiato una mano sullo zaino.
'Fidati di me. Ruota il busto verso la parete.' [...]
Il ragazzo sente due lacrime rigargli il volto.
'Non ce la faccio' piagnucola.
'Ce la fai. Stacca il piede sinistro dal supporto e appoggialo al successivo. La punta verso la parete. Poi la mano.'
Amedeo chiude gli occhi, inghiotte saliva acida, stacca il piede sinistro e cerca l'appoggio.
'Perfetto, adesso la mano sinistra.'
Le lacrime continuano a scorrere, il fiato di nuovo corto.
'Adesso fermati e respira. Così, bravo. Ora sposta il piede destro e poi la mano destra.'
Amedeo stringe gli occhi, gli scappa un singhiozzo. La mano dell'ingegnere si sposta dallo zaino allo spallaccio.
'Ti tengo. Senti che ti tengo? Forza, un passo dopo l'altro. Faccia alla parete. Piede destro, mano destra, piede sinistro, mano sinistra. Ti tengo. Tra un attimo saremo fuori.'
I gracchi hanno smesso di urlare. Amedeo non vuole morire, lo scopre in quel momento. Anche nella sua testa si fa un grande silenzio, rotto solo dalle parole dell'ingegnere, che il ragazzo ripete tra sé. Piede destro, mano destra, piede sinistro, mano sinistra.
Ci crede.
Piede destro, mano destra, piede sinistro, mano sinistra.
Sposta il piede, la mano, ancora il piede, ancora la mano, senza staccare lo sguardo dalla parete. Non vuole morire. Gli scarponi si alleggeriscono, le articolazioni si sciolgono, le mani smettono di sanguinare.
Tra un attimo saremo fuori. Crede alle parole di suo padre. La prima volta da tanto, tantissimo tempo."

Leggere queste parole può aiutare la classe a prendere forza nei momenti di difficoltà, può suggerire a chi vive un periodo di sofferenza di affidarsi alle promesse e all'aiuto di un adulto a lui vicino, può infondere fiducia in situazioni in cui ci si sente in completa solitudine. Ma sono parole che possono essere lette anche a figli, amici, parenti in crisi. E sono di stimolo anche per colui che agisce come soccorritore, perché fermezza e amorevolezza sono le coordinate che servono per aiutare coloro che vivono un momento difficile. Leggendole, mi è venuto in mente un atteggiamento da tenere con una mia alunna che, come Amedeo, sembra rifiutare tutti i contatti con il mondo adulto (ma anche con quello dei suoi coetanei) e mostra di non fidarsi di coloro che le stanno vicino. Sa disegnare, il disegno a testa bassa è l'unica attività che sembra "smuoverla" nel corso della mattinata, e provare a farle riprodurre graficamente alcune scene di un albo illustrato che a breve leggerò sarà una strategia che, forse, potrà permettere di farla interagire con un testo a cui, altrimenti, non presterebbe la minima attenzione o dal quale non saprebbe, o meglio non vorrebbe, trarre neanche la più semplice riflessione. E cercherò di farlo guidandola con l'atteggiamento tenuto dal padre di Amedeo, così che, forse, quel senso di fiducia verso gli adulti e l'ambiente scolastico possa cominciare a delinearsi, sperando che possa progredire ed evolvere con esiti positivi.

Ma tanti altri sono i momenti del libro da leggere ad alta voce e su cui soffermarsi con i ragazzi per farli riflettere e permettere loro di esprimere impressioni e connessioni significative. Uno di questi, ad esempio, è il senso della bellezza che viene fuori in uno dei numerosi flashback in cui Amedeo ricorda gli attimi vissuti con la madre prima che l'incidente d'auto gliela facesse perdere per sempre:

"'Sai come si chiama il pianeta che sembra una stella?'
Amedeo non risponde, ma lei non dice cose tipo Ma come, non lo sai? oppure Ma a scuola ci vai solo per scaldare il banco?
Prende un'altra boccata, soffia fuori il fumo e ricomincia a parlare: 'Si chiama Venere, come la dea della bellezza'.
Il fumo della sigaretta s'addensa, poi si sfilaccia fino a scomparire.
'Un pianeta combattente: il primo a schierarsi contro il buio, l'ultimo a cedere quando la luce del mattino invade l'orizzonte. Un pianeta eroico.'
Dice che la bellezza ha qualcosa a che fare con la lotta, la volontà e la resistenza."

E di nuovo possiamo approfondire con i ragazzi il loro concetto di bellezza e portarli a fare annotazioni e connessioni con ciò che intendono per "bellezza" e far scoprire loro come la stessa possa essere intesa come soddisfazione provocata dalla resistenza, dalla forza di volontà, dall'amor proprio, dal risultato ottenuto dopo impegno e sacrificio. Sarà molto utile per loro tenere a mente questi pensieri e discuterne con adulti e compagni.  Eccome se servirà. E servirà anche a noi docenti.

E non può certo mancare il riferimento con il filo rosso che percorre tutto il romanzo, ovvero il senso di PAURA, e le strategie per mettersi alla prova e tentare di superarlo.
Ancora una volta, Amedeo ricorda nei suoi flashback le parole della madre che cercavano di tranquillizzarlo quando da piccolo doveva fare le iniezioni e che, nel contempo, portavano con sé una grande verità:

"Lei dice che le cose che fanno paura, fanno più paura prima. Il mese prima, il giorno prima, la notte prima. 'Quando ci sei è un'altra cosa, Ame.' [...]
'Prima è molto peggio, Ame. Quando ci sei, te la giochi."

Come darle torto? E come non approfittarne per discutere, annotare e scrivere del senso di queste parole con i ragazzi? Dovremmo trovare l'occasione di farlo anche noi adulti. E, in effetti, di domenica mattina, dopo la conclusione del libro, io mi ci sono messa davvero a scrivere su un taccuino le riflessioni sul mio vissuto che ha sperimentato occasioni di paura in cui, davvero, i periodi di attesa precedenti a fatti che incutevano timore si sono rivelati peggiori del momento stesso in cui essi venivano vissuti.
La parte conclusiva del libro, a questo proposito, presenta una sorta di appendice in cui Raffaella Romagnolo si rivolge direttamente ai suoi lettori, anzi ai suoi giovani lettori, e chiede loro di appuntare in appositi spazi bianchi le riflessioni sulla paura, quasi a mo' di elenco, come se mettendo su carta i propri timori si potessero cominciare a metabolizzare, fino a cercare di comprenderli e, di conseguenza, arrivare a temerli di meno. È la verità, a mio avviso, e ho trovato interessantissimo questo modo di dialogare con il lettore sulla tematica cardine del libro: la imiterò.

Insomma, il romanzo è concentrato, avvincente, profondo e ci rende partecipi di uno splendido percorso di consapevolezza, di accettazione del lutto, di coraggio, di messa in campo di energie salvifiche svolto sia da un ragazzo, ferito e disperato, che da un padre, anch'esso in profonda sofferenza nonostante un atteggiamento apparentemente risoluto e incoraggiante. Un romanzo da leggere con i ragazzi, ma anche tra adulti. Bello davvero.

Questa è la risposta dell'autrice Raffaella Romagnolo a questo post.
Mi si perdoni il moto di orgoglio, ma le sue parole mi hanno fatto immensamente piacere.

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